Ipoclorito di sodio, indicazioni terapeutiche e disinfettanti
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L’ipoclorito di sodio ha una lunga storia. Intorno alla fine del XVIII secolo, il francese Berthollet sviluppò agenti di candeggiamento liquidi a base di ipoclorito di sodio.
L’azienda Javel introdusse questo prodotto e lo chiamò “liquore di Javel”. Inizialmente il suo utilizzo fu limitato allo sbiancamento del cotone, ma ben presto si trasformò nel composto popolare oggi conosciuto: la comune candeggina.
Il sale di sodio dell’acido ipocloroso, allo stato puro è un elemento altamente instabile e quindi in commercio si trova diluito in acqua alla concentrazione tra l’1 e il 25 %.
La sua formula chimica è NaOCl. Grazie al suo potere ossidante l’ipoclorito di sodio viene usato comunemente come disinfettante – oltre che come sbiancante per il bucato -, ma si è visto che esercita anche un’azione sporicida , virucida e fungicida. Il potere disinfettante, grazie all'azione dell’acido ipocloroso (HOCl), avviene quando l’ipoclorito di sodio entra in contatto con la membrana cellulare dell’agente patogeno.
I suoi utilizzi in campo sanitario sono molteplici ed efficaci soprattutto in quelle patologie dove necessita la rimozione dell’agente eziologico (virus, batteri, spore e funghi) la cui proliferazione porta a danni epiteliali diffusi; ma andiamo per ordine.
Per quanto concerne alcune patologie della pelle e delle mucose, la scoperta dell’azione terapeutica dell’ipoclorito di sodio, si deve ad un odontoiatra italiano, Gilberto Ruffini.
L’ipoclorito di sodio viene usato in odontoiatria per disinfettare i canali dei denti dei pazienti. Era il 1991 quando il caso volle (molte scoperte medico-scientifiche avvengono per caso) che una goccia del disinfettante cadesse nella mucosa buccale di una paziente che presentava delle afte: il miglioramento fu quasi immediato ed osservabile ad occhio nudo. Incuriosito dal fatto, Ruffini ripeté l’applicazione riscontrando ogni volta la medesima reazione positiva, fino a che, raccogliendo più di 100 casi di avvenuta guarigione da afte buccali, nel 1996 decise di depositare il brevetto, ottenendo in seguito l’approvazione del metodo terapeutico da parte dei colleghi.
Da quel momento in poi molti medici hanno cominciato a fare uso dell’ipoclorito di sodio, soprattutto in dermatologia e chirurgia ospedaliera e a prescriverne l’utilizzo in caso di infezioni resistenti agli antibiotici o ai virus (come diversi tipi di herpes). Addirittura alcuni ginecologi oggi ricorrono al metodo Ruffini per contrastare, con risultati sorprendenti, la candida e perfino il papilloma virus.
Abbiamo già accennato al meccanismo di azione dell’ipoclorito di sodio, ma vediamolo in particolare.
Il vero principio attivo dell’ipoclorito di sodio per l’eliminazione di virus, batteri, protozoi e funghi, è l’acido ipocloroso che si forma per reazione quando il sale entra in contatto con la membrana cellulare dell’agente patogeno. Una volta scissi i legami di idrogeno dei componenti della membrana cellulare, aggredisce dall’interno l’intera cellula disgregando persino il dna, bloccando quindi la replicazione cellulare.
Nel caso dei parassiti la situazione è leggermente diversa, infatti, trattandosi di esseri pluricellulari, l’acido ipocloroso non riesce a distruggerli completamente, ma riesce però a provocarne il soffocamento, venendo introdotto nell'organismo attraverso i pori di traspirazione o comunque per osmosi.
Oltre agli effetti sopra citati, l’ipoclorito di sodio stimola anche la rigenerazione della matrice extracellulare (quindi del derma) ed è indicato quindi in caso di ustioni, ferite o altri danneggiamenti dell’epidermide. Sempre nel caso della pelle, un’altra caratteristica è quella di neutralizzare l’effetto di alcuni veleni e sostanze urticanti, prevenendo così reazioni anafilattiche e il dolore urente spesso presente.
Stiamo parlando di punture di api, vespe, calabroni, formiche, ragni, tarantole, processionarie, tracine, meduse, ortiche e altri animali o piante urticanti.
In questi casi, se si applica in tempi brevissimi, entro 30 secondi, l’ipoclorito di sodio scatena una reazione chimica a catena che inibisce la sostanza. In altri casi, come per i morsi di serpenti velenosi, l’azione topica risulterebbe invece inefficace, se non per disinfettare la parte, perché il veleno viene iniettato dall'animale in profondità e quindi bisogna agire per via sistemica con l’antidoto adatto (dal momento che l’ipoclorito non può essere né iniettato né bevuto).
Qualora l’ipoclorito di sodio venga ingerito accidentalmente si rende necessario contattare il medico.In caso di ingestione di modiche quantità potrebbe essere sufficiente la somministrazione di acqua, latte, antiacidi e soluzioni di sodio tiosolfato.
Insieme ai molteplici effetti terapeutici, quelli più comunemente conosciuti sono gli effetti disinfettanti dell’ipoclorito di sodio; tra i quali trova un posto di elezione la depurazione delle acque. Usato in larga scala anche nelle applicazioni industriali, nel candeggiamento, nella rimozione degli odori sgradevoli e come pesticida in associazione con il bicarbonato di sodio nella pulizia di verdure, ortaggi e frutta.
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